La camera aveva ancora le pareti spoglie, non aveva ancora trovato un poster da appendere, nonostante le capatine in qualche piccolo negozio di dischi della bella città francese che da due settimane l’ospitava: no, non si sentiva un’ospite, ma il poco tempo appena trascorso a Bordeaux non le aveva permesso di chiamarla casa. Dopo cinque lunghe giornate piovose durante le quali era stata costretta a letto da una potente agghiacciatura, finalmente era spuntato il sole e come per magia tutto sembrava risalire verso un corso positivo: era uscita di mattina, sciarpina e trench perchè così la mamma vorrebbe, ma ben presto si era spogliata per farsi riscaldare dal tepore primaverile.
Quinconces in questo periodo ospita una fiera, che potrebbe essere una tristezza commercializzata e invece ci si trova piacevolmente a passeggiare tra cianfrusaglie e distese di libri usati a un euro: riesce perfino a trovare quel Murakami fuori catalogo e si sente fortunata, per cui, senza esitare un attimo, prende al volo qualche dolcino e si siede ai piedi del grande monumento ai girondini e inizia a leggere.
Non aveva mai dato un eccessivo peso alla solitudine, o forse ai momenti di scelta lontananza dalle conoscenze per dedicarsi a se stessa, ma negli ultimi giorni ne aveva rivalutato il concetto: ci sono segnali da cogliere, specie se ti costringono a letto, da sola, senza nessuno, senza poter contare su nessuno se non di qualche voce amica al telefono. Aveva capito quanto fosse importante ritrovare se stessa in una nuova sembianza, come aveva fatto Wolverine: forse perchè il manifesto dell’imminente uscita del blockbuster tappezzava le fermate del tram, aveva battezzato il supereroe come padrino di questa avventura, quasi come se gli chiedesse veramente di vegliare su di lei per i mesi a venire.
Aveva trovato un bel posticino dove stare in compagnia la sera, ma anche in tranquillità il pomeriggio a leggere e bere un (seppur pessimo) caffè e questo la metteva più a suo agio: era talmente desiderosa di addentrarsi nelle abitudini della città che quasi dimenticava quanto fosse bello passeggiare nel primo pomeriggio e scoprire un bel negozietto di dischi imboscato dietro la Victoire.
Era tempo di forti decisioni da prendere a tanti tanti km da casa, con ripercussioni desolanti per lei, ma l’aveva fatto con determinazione e senza rimpianti: l’unica cosa che desiderava dal profondo dell’anima era solamente essere felice e sapeva che non avrebbe potuto ristabilizzarsi se non da sola.
Wolverine la guarda dal pannello alla fermata Arts et Metiers tutte le mattine e sa che lei confida nelle sue capacità e nella sua volontà di fare di questo mondo un posto quantomeno vivibile: il suo, un guazzabuglio di emozioni.